Una scelleratezza in comune:

il rapimento di Lucia

giovedì 28 maggio 2009

Gertrude, la monaca di Monza


Per presentare Gertrude, Manzoni si ispira alla storia realmente accaduta di Marianna De Leyva, in religione suor Maria Virginia, nota nel romanzo come la Monaca di Monza o la Signora. Il Manzoni dedica uno dei più lunghi e particolareggiati excursus del romanzo, ripercorrendo la storia di un’ingiustizia che si origina all’interno dell’apparentemente rispettabile società nobiliare secentesca. Figlia di un principe tra i più influenti di Monza, Gertrude è infatti vittima infelice dei pregiudizi, dell’ipocrisia e dell’insensibilità del suo stesso ambiente sociale. Monaca per forza, ella è però soprattutto una vittima rassegnata, e quindiin un certo qual modo complice di chi la tiranneggia: non sa o vuole accettare la propria condizione, né sa o vuole ribellarsi ad essa; così, tutto il suo comportamento, i suoi atteggiamenti risentono costantemente di questo straziante dissidio interiore, fonte di incessanti inquietudini ed insoddisfazioni. Donna debole, incapace di volere, schiacciata dal peso delle istituzioni (la famiglia, la religione) e della malvagità altrui (l’amante Egidio la ricatta e se ne serve per i propri scellerati fini), Gertrude costituisce, in ultima analisi, l’unico, personaggiotragico de I promessi sposi: a lei il Manzoni si accosta sempre con un profondo senso di pietà e di rispetto, per quanto non si pronunci mai né per condannarla né per assolverla. Che si tratti di una monaca “singolare”, fuori dell’ordinario si intuisce fin dalla minuziosa descrizione che il Manzoni ci offre di lei, a partire dalla superbia emanata dai suoi occhi neri che chiedono affetto e pietà, ma da loro traspare anche preoccupazione, insicurezza e svogliatezza orgogliosa; le gote pallidissime rendono i lineamenti del suo volto delicati e graziosi; le sue labbra, tinte di un rosa sbiadito, si muovono in modo misterioso e vivo. La vita attillata con cura e i capelli che escono dal suo velo dimostrano il suo disprezzo delle regole monastiche. L’aspetto fisico di Gertrude lascia intuire le sue caratteristiche interiori: superbia, timore, odio, orgoglio, ma anche un disperato bisogno di pietà e comprensione. Questi suoi aspetti caratteriali provocano soggezione e paura in Lucia nel suo primo incontro con la monaca. Nei capitoli IX e X del romanzo, Manzoni esprime la propria opinione sull’educazione impartitale dal padre, che in ottemperanza all’assurda legge del maggiorasco (consiste nell’accentramento di tutti i beni della famiglia nelle mani del primogenito) costringe la figlia a entrare nel monastero, comportandosi in maniera falsamente affettuosa, al fine di farle credere che si tratti non di un’imposizione bensì di una scelta che lei stessa ha maturato. Per indirizzarla alla vita monastica fin da bambina le venivano regalate bambole vestite da monache da genitori e parenti. Con questo personaggio il Manzoni intende condannare tutta una società che sforza e viola la naturale volontà dell’individuo per ragioni di calcoli e di interesse. La giovane non riesce ad opporsi alle disposizioni paterne, sapendo che il suo carattere estroverso ed esuberante è incompatibile con le regole monastiche. Neppure la segreta e scandalosa storia d’amore con Egidio procurerà gratificazione ai suoi istinti repressi; lo “scellerato” sarà anzi per lei cagione di nuove inquietudini poiché la costringerà ad eseguire i suoi ordini, non ultimo quello di aiutarlo nel rapimento di Lucia per conto dell’Innominato. Alla fine del romanzo il personaggio di Gertrude subisce una svolta interiore decidendo di riscattarsi dalle colpe commesse, attraverso una vita di sacrifici e punizioni, dura si ma finalmente frutto di una libera scelta. La storia di Gertrude (o meglio Geltrude, come veniva chiamata nel Fermo e Lucia) , aveva, nella prima stesura del romanzo, un'estensione ben maggiore. Se già i due capitoli dedicati alla monaca di Monza ne I Promessi Sposi sono sufficienti a conferire alla sua storia un grande risalto, facendo di Gertrude uno dei personaggi più difficili a dimenticarsi, i sei capitoli che questa vicenda occupava nel Fermo e Lucia rappresentavano un vero e proprio "romanzo nel romanzo".

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